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venerdì 31 gennaio 2014

Gli otto tesori: il dolce per il capodanno cinese - ancora #liberericette

Oggi l'ego del blog sta fluttuando ben oltre i mocciosi 3msc: dopo la ricetta delle puntarelle di silvia Tropea, mi vanto di ospitare un'altra firma autorevole di genitoricrescono, Supermambanana, che, con la scusa di liberare una ricetta, ci offre degli spunti culturali interessantie un'ottima occasione per festeggiare: lo sapete che oggi è il Capodanno cinese? Let's party!
Grazie Super! (Anche a nome dei muri della mia casa, you know :-))

La ricetta del Ba Bao Fan - gli otto tesori

Auguri di prosperità per il nuovo anno Cinese, l'anno del cavallo, che comincia oggi. 
Come mi dicevano oggi in ufficio colleghi cinesi, il proverbio dice "quando arriva il cavallo, immediato è il successo". Qui a Liverpool, per chi non lo sapesse, esiste la seconda, per dimensione, comunità cinese del Regno Unito, dopo Londra, e la più antica in Europa. I legami con la Cina sono stretti e duraturi, l'Università di Liverpool ha un campus in Cina, e dal secondo anno in poi le classi raddoppiano di numero per accogliere i ragazzi che, dopo il primo anno di studi in patria, possono scegliere se continuare qui. E la maggior parte di questi, manco a dirlo, sceglie di venire in occidente. Di questi, e, devo dire, di queste. La popolazione femminile subisce un notevole boost con l'arrivo delle colleghe dalla Cina, e per me è diventata una piacevole costante negli ultimi anni avere il privilegio di parlare con queste ragazze, raccontarci le nostre esperienze di expat, certo distanti, perché la strada che abbiamo fatto per venire qui è molto differente, ma che alla fin fine  hanno tanto in comune.
Come mi diceva una studentessa cinese, "back home I'm a girl, here I'm a Chinese girl". Il che è vero, per tutti e per ogni latitudine, se in Italia io sono una donna, qui sono una donna italiana, e gli eventuali stereotipi si sommano e creano sinergie fra loro. Ma essere una Chinese girl serve anche a sbaragliare degli stereotipi: se materie come ingegneria o informatica sono scelte prevalentemente dai ragazzi qui in occidente (ne abbiamo parlato in molti modi su genitoricrescono) in Cina, o in Asia in generale, questo non succede, la scelta è davvero paritaria. Ci sono molti fattori che contribuiscono a questa scelta, che non ho le competenze di stare qui ad analizzare, la politica del figlio unico prima fra tutte: se hai un solo figlio, allora tutto il tuo investimento, le tue aspettative, le tue passioni, vengono riversate su questo preziosissimo tesoro, e se questo figlio è una figlia, è lei che beneficia di questa attenzione esclusiva; le ragazze cinesi che ci raggiungono, e che devo sottolineare per amor di correttezza provengono da famiglie molto attente e senza problemi economici, hanno una cultura di base vasta e variegata, e uno slancio ottimista verso il futuro, che vedono tipicamente in Cina e con un lavoro entusiasmante. E questo atteggiamento fa molto bene alle loro colleghe orientali.

Ma tornando alla ricetta, e al capodanno. Per stasera ho preparato per i boys, che comunque so hanno passato una giornata all'insegna della Cina (stanno preparando la cerimonia della danza del leone da giorni per stamattina) il dolce tipico del giorno del capodanno cinese. Si chiama Ba Bao Fan, che vuol dire "otto pietre preziose", o "otto tesori", più o meno. È un dolce antichissimo, la tradizione risale a più di tremila anni fa, e la leggenda vuole che sia stato inventato per commemorare otto valorosi guerrieri che vinsero una battaglia contro un dispotico tiranno. È il classico "rice pudding", sarà per questo che suona familiare anche ai britannici. E come ogni pudding, anche se sono sicura l'originale avrà tantissimi ingredienti super esotici, in realtà lo si può customizzare con quello che è a disposizione, l'importante è che lo spirito della tradizione sia mantenuto.
E quindi, per cominciare, vi servono le otto pietre preziose, gli otto tesori. Che devono essere otto varietà di o frutta secca o semi e noci. Per esempio, questa volta io ho usato:
1. Semi di sesamo
2. Mandorle
3. Albicocche secche
4. Uvetta
5. Pezzi di ananas secco
6. Ciliegie candite
7. Prugne secche
8. Semi di zucca
Per il pudding vi serve:
- un bicchiere di riso, del "glutinoso" cinese, ma ho scoperto che il classico riso da risotto va benissimo, del resto il riso Arborio e quello cinese provengono dallo stesso cultivar giapponese.
- due cucchiai di zucchero
- un cucchiaino di olio, sceglietene uno con un sapore molto blando
- due cucchiai abbondanti di… beh in teoria pasta di fagioli rossi, ma io uso il burro di noccioline. Si potrebbe provare anche la nutella, ma temo che l'integrità cinese del piatto verrebbe compromessa dall'uso della cioccolata. Fate voi :-)
Innanzitutto cuocete il riso, e aggiungete alla fine lo zucchero e il cucchiaio di olio. Mescolate e lasciate a raffreddare. 
Procuratevi una coppa tipo stampo per budino, che possa essere usata per un bagnomaria. Io la rivesto di pellicola trasparente perché viene più semplice capovolgere il pudding, ma se siete ardimentosi usatela "nature" e imburratela.
Cominciate a disporre le "pietre preziose": considerate che il pudding andrà rovesciato, quindi disponetele a vostro estro artistico sul fondo della coppa e le pareti. Man mano che disponete le pietre preziose, riempite di riso, e pressate bene. Prima dell'ultimo strato di riso, spalmate i cucchiai di burro di noccioline, finite con lo strato di riso, pressate bene e, se usate la pellicola trasparente, chiudete il tutto.
Cuocete a bagnomaria per un 40 minuti.
Fate raffreddare appena, e capovolgete in un piatto da portata.
Per servire, condite con uno sciroppo alle mandole, o alla frutta secca.
Kung hei fat choy!


“Le storie sono per chi le ascolta, le ricette per chi le mangia. Questa ricetta la regalo a chi legge. Non è di mia proprietà, è solo parte della mia quotidianità: per questo la lascio liberamente andare per il web”.

A questo link trovate tutte le ricette di oggi e tutte le modalità per sostenere il Centro Astalli: invito tutti a dare anche un piccolo contributo, in questo momento anche 5 o 10 euro fanno la differenza.

Le puntarelle di Silvia per #liberericette

(Dedico questa ricetta alla mia mamma che fino ai miei 39 anni mi ha nascosto l'esistenza delle puntarelle per poi presentarmele sotto forma di libidine pura sott'olio).

La prima ricetta che partecipa a #liberericette #freearecipe 2014 mi è stata regalata da un'amica preziosa e speciale, Silvia Tropea, aka (chevvelodicoaffà) l'Avvocatanostra, la metà non svedese di genitoricrescono
Siccome la ricetta, nonché le puntarelle nevvero, saranno una voce dell'enciclopedia "Poesia in cucina" (ed. Cannavacciuolo, Roma), vi invito a goderne in anteprima e a trarne tutti i benefici. Poi vi interrogo tutti sul termine ammarvire. 

Grazie Silvia! 

LA RICETTA DELLE PUNTARELLE

Le puntarelle non sono un semplice contorno: con la loro forma arricciata, sono sicuramente attorcigliate alla doppia elica del DNA di un romano.
Avrei la tentazione di non spiegarvi cosa sono di preciso: se non lo sapete… peggio per voi. Ma so che questo atteggiamento è il tipico esempio della spocchia romana, quella che ci fa sempre, immancabilmente pensare “io so’ io e voi non siete…”. Quindi scendo dalla biga e vi cerco un’immagine di cosa sono le puntarelle.
Questa è cicoria catalogna e le puntarelle sono i suoi germogli.
I germogli, si tagliano per tutta la loro lunghezza, dividendoli in 4 parti, e ricavandone dei filetti croccanti.
L’operazione fondamentale è immergere subito questi filetti in acqua ben fredda e lasciarli lì finchè non si arricciano per bene. Il riccetto è fondamentale: non cambia il sapore della puntarella, ma la rende allegra, vivace. Ne fa quell’annuncio precoce di primavera che ti ricorda che l’inverno finirà. La puntarella è una stella filante di carnevale: è fresca e croccante, non può appartenere all’inverno, quindi di sicuro ne siamo quasi fuori. La puntarella è ottimista. La puntarella è proprio romana: ti mette allegria pure quando non c’è proprio gnente da ride e poi ti fa pensare “ma che c’avrai da ride”.
Una volta arricciate, le puntarelle si scolano per bene e si condiscono con una pozione magica.
In una ciotolina mettete delle acciughe sott’olio, ma buone buone. Non fate i tirchi: prendetele siciliane, cicciotte e polpose. Prendetele così buone da farvi venir voglia, mentre condite le puntarelle, di mangiarvi un’acciughina su pane e burro.
Le tagliata in punta di coltello a pezzettini più piccoli possibile, quasi una poltiglia. C’è anche chi usa la pasta di acciughe, ma quella è fatta con le teste, è buona per fare l’esca dei pesci, mescolata alla mollica di pane e pecorino, non è roba per esseri umani.
Alle acciughine spappolate mischiate uno spicchio d’aglio tagliato finofinofino (come la mortadella di Funari), ma proprio a pezzetti minuscoli. Poi ci mettete l’olio buono (sì, certo, extravergine. Ho detto buono, io uno ne conosco buono!), possibilmente della Sabina. Poi un pochino di aceto di vino bianco e mescolate la pozione. Quando diventa un bel composto torbido, lo versate sulle puntarelle e ci mettete un po’ di sale.
E poi ve le mangiate….
NO!!! Lo sapevo che ci cascavate!!! No che non ve le mangiate subito: devono stare lì almeno un’oretta, si devono ammarvire, devono diventare almeno la metà.
Tenete conto che da ogni piede di catalogna, usando solo i germogli, ricavate poche puntarelle, poi le mangiate quando sono ammarvite… Insomma, capiamoci, non ne comprate poche, che poi vi pentite.
Se non ve la sentite di tentare la capatura (un po’ laboriosa) e l’arricciatura in acqua fredda, per le prime volte potete comprarle anche già pulite (sì, trovatele al mercato vostro, oh non laziali!).
Qualcuno si starà chiedendo: sì, vabbè, ma quante acciughe, quanto aglio, quanto aceto…
Belli miei, e che ve lo devo dire io? Mettetene quanto ve ne piacce. Io abbondo, soprattutto con le acciughine.
Bon, adesso cantate “Roma nun fa’ la stupida stasera” mentre condite le puntarelle e buon appetito, Io vado a mangiarmi quelle lì nella foto.
Io ho liberato le puntarelle, ma trattatemele bene, che ne ho una attorcigliata all’aorta.
Silvia


“Le storie sono per chi le ascolta, le ricette per chi le mangia. Questa ricetta la regalo a chi legge. Non è di mia proprietà, è solo parte della mia quotidianità: per questo la lascio liberamente andare per il web”.

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giovedì 31 gennaio 2013

Liberiamo una ricetta: pane for dummies

Ho fatto il pane. IO ho fatto il pane.
Non che il pane comprato al forno non sia buono, anzi. Ma a un certo punto scatta la voglia di far da sé, di assaporare un nuovo "sapore di casa", di insegnare ai bambini che il pane non nasce nei sacchetti, così come il latte non cresce nei tetrapak né le uova nei contenitori di plastica. (E complice anche il libro della mia amica Elisa Artuso "Eco-famiglie" che da quando è tra le mie mani mi sta invogliando a fare cose molto intelligenti e salutari, tra le quali appunto il pane - poi lei lo fa con la pasta madre, ma per questo tunnel non sono ancora pronta).
Ma da dove comincio? Potrei chiedere a mia madre che lo fa da anni, ma lei ha un'impastatrice professionale e un forno da esterno extra, e poi lo sapete come sono le dosi-mamma? "Massì dai, finché va diventa così, che va bene, ma non troppo" che sarebbe la versione familiare e carina del q.b. (quanto basta - per far uscire dai gangheri, aggiungo io). Lancio la sfida su FB e ne ricavo almeno una decina di ricette.
Ok ce la posso fare, non può essere così difficile, dai-dai-dai!!
Da Bravamamma quale sono coinvolgo i bambini nella preparazione, per insegnare loro che il pane non nasce ecc ecc, ma loro, di fronte alla prospettiva di due ore di lievitazione mi mandano al diavolo ed escono a giocare. Per farla breve, ho fatto 3 impasti da 500 g di farina l'uno, sbagliando almeno una cosa in ognuno: in uno ho dimenticato il sale e il miele, nel secondo la tazza d'acqua nel forno, nel terzo ho messo tutto ma mi sono complicata la vita con un procedimento diverso. Alla fine ne ho ricavato soddisfazione e insegnamenti fondamentali, ma soprattutto dei panini buonissimi.

LA RICETTA
- 500 grammi di farina (la manitoba, tipo 0, è il massimo)
- 300 grammi di acqua (circa) (q.b. insomma)
- mezzo cubetto di lievito di birra
- 10 grammi di sale (un cucchiaino, circa, ahem...)
- un cucchiaino di miele
- 3 cucchiai di olio evo (lo dico? Più o meno)

Ho sciolto il lievito in poca acqua tiepida poi l'ho aggiunto alla farina nel mixer con acqua (dove avevo sciolto il sale), olio e miele (che serve per "colorare" il pane). Ho mixato per poco tempo, giusto per amalgamare gli ingredienti finché si è formata una palla compatta ma morbida e liscia.
Ho trasferito la palla in una terrina di vetro, l'ho coperta con un canovaccio e l'ho lasciata lievitare fino a quando è raddoppiata (tipo per 3 ore). A me sembra ancora una cosa magica, questa cosa della lievitazione...
Ho preso l'impasto e messo sul tavolo con poca farina ho dato ordine ai garzoni bambini di fare i panini.
Ho dato una forma normale ai suddetti panini e li ho tagliati un po' in superficie, poi li ho lasciati riposare un'altra mezz'oretta. (E loro crescevano ancora, che carini!)
Ho acceso il forno a 200° e ho messo sul fondo una tazza con acqua (per non far seccare troppo il pane): ho infornato le creature (i panini) e dopo circa 25 minuti erano pronti. PERFETTI!

COSA HO IMPARATO
La pazienza: non si può mettere fretta alla lievitazione.
La precisione: a parte le quantità a occhio, che si imparano col tempo, bisogna mettere TUTTI gli ingredienti (è molto frustrante addentare il panino ancora caldo e scoprire che ti sei dimenticata il sale).
La bellezza: fare il pane appaga tutti i sensi... Impasti, gusti, la casa si riempie di profumo, i panini "scrocchiano" appena usciti dal forno... Un'estasi!
La gioia di far da sé. Si sa.

Perché "liberiamo una ricetta"?
L'anno scorso abbiamo segretamente preparato l'evento per stringerci intorno a un'amica e da lì sono nate nuove amicizie, scambi, condivisioni che, come dico sempre, di virtuale non hanno niente. Quest'anno riproponiamo l'iniziativa perché siamo delle inguaribili romanticone nostalgiche, ma stavolta c'è qualcosa di nuovo: la solidarietà. Oggi moltissime blogger pubblicheranno le loro ricette e quelle dei loro ospiti (che non hanno un blog) e avranno la possibilità di donare l'equivalente della spesa fatta per creare il piatto al Centro Astalli di Roma, che gestisce una mensa per i rifugiati: in questo modo inviteremo a tavola con noi, anche se virtualmente, delle persone che sono dovute fuggire dal loro Paese a causa di guerre e persecuzioni e che in Italia devono ricominciare da zero. Naturalmente anche se non siete blogger, non cucinate e non liberate ricette potete in qualsiasi momento fare una donazione al Centro: qui la pagina con tutte le modalità. 

Adesso non vedo l'ora di leggere tutte (oggi saranno dappertutto: su FB, su twitter con l'hashtag #liberericette e #freearecipe, ma per comodità Mammafelicematraslocante le linka qui).
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martedì 31 gennaio 2012

Liberiamo una ricetta: gnocchi di zucca con burro, salvia e speck

Tanto per distrarmi dall'idea che domani la mia vita cambierà irrimediabilmente, domenica ho deciso di mettermi compulsivamente a cucinare. Avevo un bello spicchio di zucca e mi sono buttata su un grande classico: martedì gnocchi!! Ah... Dite che era giovedì gnocchi? Ma io giovedì sarò al secondo giorno del nuovo lavoro e non avrò tempo. Quindi oggi vi propongo i miei arcinoti gnocchi di zucca, e se non potete permettervi un ghostwriter d'eccezione si vede che non siete delle FBpC.

Ingredienti (tutto a occhio!)
- la polpa di mezza zucca
- un uovo
- farina
- burro
- salvia
- speck

Procedimento (ovvero, come la faccio io):
Lessate la zucca dopo aver tolto semi e filamenti interni: se siete sempre in ritardo come me, fatela cuocere al microonde per 7-8 minuti, anche con la buccia (che si staccherà in un attimo, dopo la cottura).
Mettete la polpa in una terrina e fatela raffreddare leggermente. Salate, pepate, aggiungete un uovo e mescolate.

Aggiungere a poco a poco un po' di farina bianca, fino a ottenere un composto morbido (attenzione, non sono gli gnocchi di patate, che dovete impastarli con le mani e tagliarli col coltello, questi si fanno col cucchiaio).

Mettete a bollire una pentola d'acqua salata. Nel frattempo in una padella mettete un bel pezzo di burro, foglie di salvia e speck tagliato a listarelle.

Quando bolle l'acqua aggiungete qualche goccio d'olio e bagnate il cucchiaio con cui farete gli gnocchi: e mo' come ve lo spiego... Raccogliete con la punta del cucchiaio un po' di composto e immergetelo in acqua, e continuate finché non avete finito tutto l'impasto. Guardate la foto va':
Man mano che gli gnocchi vengono a galla, raccoglieteli con una schiumarola e metteteli direttamente nella padella con burro e salvia (che a questo punto sta sfrigolando come un pazzo). Voilà:
Servite ben caldi, spolverando con parmigiano (mia mamma ci mette la ricotta affumicata, io coi bimbi non oso). Un buon vinello e una pennica completano l'opera.

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