giovedì 21 luglio 2011

#donnexdonne: Raccontare

C'è fermento tra le donne del web. Il 13 febbraio ha lasciato un segno in tutte noi: non siamo più quelle di prima, non accettiamo più in silenzio certe situazioni - abbiamo deciso di muoverci, di reagire e stiamo usando la rete per cominciare la rivoluzione. Non ci piace l'immagine di donne in guerra tra loro (detta anche del pollaio) in cui veniamo ritratte: ne abbiamo discusso, anche con toni accesi, nel gruppo Facebook #donnexdonne, e su twitter, e abbiamo deciso di pubblicare oggi, tutte in contemporanea, la nostra idea di buona prassi al femminile. La mia è questa: raccontare quello che succede. Non tacere. Non vergognarsi. Non sentirsi inadeguate. Chiedere aiuto. Valorizzarsi. Avere fiducia. E ancora raccontare...

Erica è una mia amica. E' da poco mamma di una bambina bellissima e deliziosa dal nome importante, identica a lei. Ci siamo conosciute nel periodo più furibondo della mia vita, siamo state sempre insieme per mesi, mi ha trovato il lavoro (ed era il mio capo), era con me la notte prima della mia laurea. Poi, per i casi della vita che il destino spariglia, ci siamo perse: le nostre amiche sono partite e la rete si è spezzata. Ci siamo ritrovate grazie alla nostra amica "de pariggi", che mi ha detto solo "Chiamala": Erica era incinta, innamorata, felice. Ed è ancora gioia di rivedersi, scambio di panze e vestitini, caffè e chiacchiere. E se all'inizio non si parla che di bambini, parti, svezzamento, poi il discorso si amplia sempre di più e si comincia a discutere della sua ripresa del lavoro - e l'ultima volta che me ne ha parlato giuro che mi stavo per mettere a piangere. Non c'è niente di nuovo rispetto a quello che siamo abituati a leggere in giro (per esempio sul blog di Stefania) sul tema maternità/lavoro, ma conoscere il valore  personale e professionale di una tua amica e vederlo umiliato così fa veramennte male. Le ho chiesto di scrivere due righe su quello che le è successo in ufficio e se potevo condividerle sul blog, ha accettato, e ora vi invito a leggere cosa succede in Italia nel 2011.

Mi racconti a grandi linee il tuo lavoro prima della gravidanza?
    Lavoro da 4 anni in una Società di un grosso Gruppo Bancario. Ero responsabile di un’importante funzione aziendale, a capo di un progetto strategico, ma soprattutto ero il “braccio destro” del Direttore Generale; sono un Quadro, quindi anche l’orario non era rigido, potevo gestire abbastanza autonomamente la mia giornata lavorativa; ero dotata di tutti gli strumenti aziendali necessari: pc portatile, blackberry e, quando mi serviva, l’auto. Oltretutto il mio ruolo prevedeva parecchi spostamenti nel nord e nel centro Italia. Insomma… il mio lavoro mi piaceva davvero un sacco!
Com'era il rapporto con i colleghi e i superiori?
    Ho sempre avuto un buon rapporto con tutte le persone di cui ero responsabile, ho sempre cercato di tenere al centro “la persona”, con i suoi bisogni e le sue attitudini, chiaramente senza perdere di vista gli obiettivi aziendali. Con il mio capo avevo un rapporto di totale fiducia, ho dato e avuto tanto.
Consideravo l’azienda un luogo piacevole in cui andare ogni giorno; un luogo in cui crescere, sia umanamente che professionalmente e, non ultimo, un luogo in cui coltivare soddisfacenti “rapporti umani”; difficile parlare di amicizie, soprattutto alla luce di come sono andati i fatti. E non dimentichiamo che, proprio fra i miei colleghi, ho trovato l’amore!! Purtroppo non tutti hanno gioito con me di questo incontro… Soprattutto quando ho detto di essere incinta.
La reazione di colleghi e superiori quando hai detto di essere incinta?
    L’ho detto prima di tutto al mio capo: l’ho invitato fuori in pausa pranzo e non scorderò mai la sua reazione! Ha smesso di mangiare e continuava a dire “Cazzo! Cazzo!". Mi ha chiesto di non parlarne più per tutto il pomeriggio, aveva bisogno di dormirci su per capire come organizzarsi. La mattina seguente, mi ha comunicato il suo piano: mi ha chiesto di dimettermi; mi avrebbe aiutato lui a trovare un altro lavoro, non dovevo preoccuparmi…
Pensavo di aver passato il momento peggiore e, per tirarmi un po’ su, ho convocato un incontro informale con il mio ufficio, sicuramente loro sarebbero stati felicissimi come lo ero io…
La sorpresa è arrivata quando una ragazza (NON UN MASCHIO!) mi ha detto “Ci hai tradito! Proprio tu incinta!”, ma il bello doveva ancora arrivare: rotto il ghiaccio, anche gli altri hanno trovato il coraggio di dirmi che da me non se lo sarebbero mai aspettati!
Che rapporto avevi con le colleghe mamme prima? secondo te erano discriminate?
    Ho sempre avuto, nei miei gruppi, mamme e posso affermare, senza timore di essere smentita, di non averle mai discriminate. Anzi, cercavo di valorizzarle.
Probabilmente, però, l’Azienda in cui lavoro non ha mai agevolato la famiglia. Lo vedo adesso, con gli occhi di mamma che capisce fino in fondo le mamme.
Hai lavorato durante la gravidanza?
    Ho lavorato fino al terzo mese, poi ho avuto una minaccia di aborto e sono entrata in maternità a rischio.
Avevo dato la mia disponibilità a lavorare da casa e ad andare in ufficio uno o due mezze giornate alla settimana. Ma, a mia insaputa, il mio capo aveva iniziato a screditarmi e ad accusarmi ingiustamente di cose fatte o dette.
Da allora NESSUNO dei miei colleghi mi ha mai fatto una telefonata.
In questi mesi, poi, è successo di tutto: mi hanno chiesto di restituire tutti gli strumenti aziendali; hanno assunto una persona nuova (non in sostituzione di maternità) che ha preso il mio posto in alcune delle mie mansioni; il mio capo ha inviato una mail in cui, a seguito di una riorganizzazione interna, un altro dei miei ruoli si è rivelato inutile e quindi mi ha esautorata (mi ringrazia per quanto fatto fino a qui e per la professionalità dimostrata). Insomma, se confronto un organigramma pre-maternità (in cui il mio nome compariva in 3 caselle, nella parte alta…) con uno attuale, vedo che il mio nome è SPARITO!
Come organizzerai il tuo tempo tra lavoro e bambina?
    Non ho chiesto il part-time, da noi è visto come un limite e, se decidessero di concederne qualcuno, devo mettermi in coda, ci sono almeno altre 8 mamme che l’hanno richiesto prima di me.
A settembre tornerò in ufficio (a fare cosa?), inserirò la mia bambina al nido, dove me la terranno fino alle 16.30 (perché, a detta delle simpatiche coordinatrici con cui ho parlato, non si possono caricare bambini così piccoli di troppe ore lontano dalla mamma), ma siccome io lavorerò a tempo pieno (necessariamente), ho bisogno anche di una baby sitter che vada a prenderla e la tenga fino a che io non torno a casa. Il tutto per la modica cifra di 870 euro mensili (escluse malattie della bambina).
Come cambierà secondo te il tuo modo di lavorare?
    Ho tanta voglia di tornare e di riprendere a lavorare. Mi piace pensare che sarà come prima, che riuscirò a dedicare al lavoro le energie e la passione di prima; il tempo no di sicuro, avrò i minuti contati e temo che questo si trasformi in una perdita di concentrazione.
Che tipo di aiuto ti è mancato o ti manca?
    Il vero limite è sapere di poter contare solo su sé stessi (io e il papà siamo soli qui a Verona), se non hai una famiglia d’appoggio ti accorgi che nessuno ti dà una mano. I nidi comunali non ti vogliono perché sei una famiglia con doppio reddito (!); i nidi privati costano una cifra e sembra che ti tengano il bambino perché sono gentili; trovare una baby sitter è un terno al lotto; frequentare altre mamme è difficilissimo; frequentare non mamme è impossibile!

Un'altra mamma messa da parte. Un'altra donna ferita.
Ma ne stiamo parlando, la state conoscendo, ci arrabbiamo con lei, le siamo vicine. E lei non è più sola, perchè noi sappiamo chi è, quanto vale, quanto ama il suo lavoro. E anchese questo non risolverà i suoi problemi dal punto di vista pratico, almeno non è più sola.

Leggete tutti gli interventi dei blog partecipanti cliccando questo link e su Twitter cercate il tag #donnexdonne. E buona giornata!

13 commenti:

  1. Oddio che scenario desolante...
    Che poi, tra l'altro, si dice pure che le mamme danno anche di piu sul lavoro, che hanno una grinta, un'efficienza, una capacita' di organizzarzi (per forza di cose, per mancanza di tempo) anche superiore alle non mamme...

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  2. leggere questa storia mi ha gelato il sangue... e io ho a che fare, dall'esterno, con strutture così...chissà le mie interlocutrici cosa stanno passando nel chiuso dei loro uffici...

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  3. Vorrei dire incredibile ma è credibilissimo. Anche io e mio marito siamo soli. Trovare aiuto è difficile, ma ancora più inquietante scoprire che secondo gli altri non dovresti chiedere aiuto, perché sei diventata madre e sei a posto. Che altro ti serve?

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  4. E' vero, il mondo delle banche è così.
    Ho diverse amiche che ci lòavorano e sputano sangue.
    Una si è sentita dire "Se non vuoi essere la numero 3 in ufficio (=ultima ruota del carro dopo che per anni ha gestito da sola il personale dell'Istituto) allora scordati il part-time".
    E visto che esce in orario i dirigenti storcono il naso (non prima, IN ORARIO).

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  5. Un mondo intero da cambiare.
    Ecco.
    Così proprio non va.

    Gloria

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  6. bon, e siamo nel 2011: facevamo prima a rimanere "gli angeli della casa" che almeno da qualche parte potevamo ritenerci determinanti! ci penso su e poi torno, bel post.

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  7. E' atroce.
    Inevitabilmente la donna deve scegliere tra carriera e figli.

    Però mi viene da dire alla tua amica che i primi 3 anni di sua figlia non torneranno più. La sua scelta di proseguire con un lavoro (non più appagante e dove manca il rispetto della persona) a questi ritmi verrà pagata a caro prezzo da entrambe, madre e figlia.
    Fermo restando che è tutto atroce e terribilmente ingiusto mi vien da dire che biologicamente ci riproduciamo con un partner perché lui si prenda cura di noi mentre noi accudiamo la prole.
    Rinunciare del tutto all'accudimento nei primi 3 anni di vita
    è una follia il cui prezzo a livello sociale, paghiamo tutti: bambini sempre più malati e sempre più fragili che saranno adulti a cui sarà mancato un pezzo....

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  8. Solidale con la tua amica, e grazie a te per aver condiviso la sua storia. In questo momento ho un incazzo addosso che puoi immaginare!
    Io sono stata fortunata, dalle mie colleghe ho avuto solidarietà. Ma ho visto anch'io il mio peso nell'azienda cambiare dopo la maternità, progetti miei passare ad altri, solo perchè "più disponibili". Capisco perfettamente.
    Bell'intevento! Brava!

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  9. Sono addolorata :-(
    Però la capisco, nel senso che ad esempio a me a un colloquio in una grande azienda era stato chiesto se fossi single o fidanzata, se quindi avessi intenzioni di sposarmi (e quindi, pensa un po', di avere figli...). "Fortunatamente" in quel periodo ero single e mi hanno assunta; qualche tempo dopo da lì mi sono licenziata io...

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  10. le banche non sono un bel posto.
    Mi viene da dire che sei stato un braccio destro dovrebbe saperlo che è un ambientaccio, anche se lei poi noon si è mai comportata scorrettamente.
    Difficile dividere i piani, cioè come dovrebbe essere e come è la realtà del lavoro. Se il lavoro ha bisogno di abnegazione e tempo infinito, mettiamoci l'anima in pace o deleghiamo il figlio o quel lavoro in quel modo non si può fare più. non mi piace eh sia chiaro, ma tutto non si può fare è un fatto, almeno in italia almeno adesso. cmq continuo a sperare e a lavorare!

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  11. La cosa che lascia più attonita è questo atteggiamento dei colleghi e delle colleghe. Ma loro non hanno una famiglia? Non sono stati generati all'interno di una famiglia? Come si fa ad essere così insensibili? La struttura ti può anche portare ad essere un automa, ci può provare anzi. Ma tu hai sempre la possibilità di ribellarti a queste prassi e non accettarle. Paola-AuraF72

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  12. Non credo sia una questione di banche. Succede anche nelle multinazionali, nelle aziende padronali, nelle agenzie di pubblicità, negli uffici stampa e così via...
    È una questione di mentalità, che in Italia su questo tema (così come su tanti altri) è retrograda.
    Ho un'amica che si occupava di produzione di eventi, alla quale non hanno rinnovato il contratto dopo la nascita di sua figlia. Lei si presentava ai colloqui dicendo che non era sposata e non aveva figli, altrimenti nessuno l'avrebbe mai presa in considerazione, nonostante la sua esperienza. Vi rendete conto?

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  13. Conosco questa storia...ma fa sempre uno strano effetto risentirla: quasi surreale, difficile da credere. Io sono l'opposto: ho rinunciato a tutto quello che si puo' definire "privato" e ho dato tutto alla mia carriera, al mio lavoro, a me stessa. La discriminizione l'ho trovata anch'io ma non su un organigramma o dietro una scrivania ma nella vita privata. Mi domando allora se é vero che una donna debba sempre e comunque scegliere, debba sempre e comunque dimostrare che é in grado di gestire tutto, casa, famiglia e lavoro. Vivo all'estero ora e la mia collega ha 4 figli, una famiglia meravigliosa e una posizione manageriale. E non é l'unica nella società dove lavoro. Forse, e mi dispiace ammetterlo, é la nostra Italia che non é ancora pronta ad accettare tutto questo. Fri

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