Qualche giorno fa
Claudia ha postato su FB la foto di un enorme buco sul muro di casa, per giustificare la sua assenza dal web: di sicuro starà rivoluzionando casa, quel buco è qualcosa di nuovo che arriva, un'idea che prende forma.
Quella foto mi ha ispirato.
Ma purtroppo io ci ho visto un'altra cosa.
Complici le malattie dei bambini, la pressione sul lavoro, la routine, la prigionia in casa malgrado le splendide giornate di sole.
Io ci ho visto una voragine nelle mie certezze.
Un senso di estraneità dalla vita che sto vivendo.
Non si spiega con nessun evento particolare, con nessuna attitudine all'umore nero.
Stavo vivendo e guardando il film della mia vita proiettato su un muro, ora lì c'è un enorme buco.
Vedo le mie sicurezze in briciole. Non quelle fondanti, ma quelle spicciole: alzarsi la mattina, portare i bimbi a scuola, andare in ufficio, tornare, spesa, casa, parco giochi, chiacchiere, riunioni, musica, tv, cucinare, film. Un frullato di routine piacevole e rassicurante. Ma quando i bimbi stanno male e non hai nessun aiuto, quando al lavoro ti chiedono di imparare in due ore un lavoro di estrema responsabilità che farai solo tu, quando le giornate si susseguono frenetiche eppur noiose a morte... Ecco lì io mi siedo e vedo tutto crollare.
E quel buco è riempito di pianti, tachipirina, antibiotico, minestrine, musi lunghi, pronto soccorso, termometri, excel, signorsìsignore, brufoli, lavatrici.
Ho voglia di metterci anch'io una finestra, o una porta, o anche dei bei mattoni.
Guariranno. Smetterò di invidiare chi nel bisogno ha un aiuto sempre a disposizione. Smetterò di pensare di essere una lavoratrice inaffidabile perché non si sa mai se domani ci sarò.
Cambierà. Intanto mi chiudo in bagno e quello che vedo allo specchio non mi piace.
Dicono che poi passa.